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mercoledì 1 settembre 2004

Die Korbe

 Die Korbe



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<<Kann ich es sehen?>>

<<Ja!>>

<<Wo hast du es gefunden?>>

<<da, in einen Korbe!>>

<<In eine andere Korbe?... in ein .... rovina abbandonata?>>

<<Ja!>> mi risponde il bambino, mentre tengo in mano il prezioso diario che sfoglio con cautela. La carta ingiallita… chissà quali segreti trattiene. 

La copertina rigida è leggermente staccata sul davanti; è di carta riciclata, spessa come la cartapesta: un cartoncino di cartapesta,  con  sopra due rose in rilievo.

È stato trovato, a detta del ragazzino, in un capannino “Korbe” abbandonato, una specie di tesoro …”Schatze”; ecco, non mi veniva la parola, che loro hanno depredato come pirati all’assalto di navi appena approdate su un’isola da conquistare e depredare a sua volta.

Sto sfogliando il diario. Non è antichissimo. Si susseguono foto a colori dell’interno di uno di questi capannini oblunghi di forma esagonale che si sviluppano in altezza come torri o roccaforti. Lo spazio angusto è comunque ben usufruito.

Sfoglio le pagine; passo in rassegna le foto. In una, appoggiate contro uno steccato bianco, alcuni oggetti da lavoro: un paio di stivali di gomma, un ombrello tradiscono l’uso di rimessa del Korbe, come quello che si erge qui di fronte a me.

Mentre speculo su questo o quello non ho notato che i ragazzini si sono ripresi il diario.

Alzo la testa, giro lo sguardo.

L’erba verde del prato flotta nel vento: una parabola verde su cui siede un manipolo di ragazzini uniti a capannello immersi nella lettura del diario, aperto sulle loro ginocchia e la copertina, distaccatasi, poggia a terra con le rose che guardano verso l’alto.

<<Das ist ein Schatz!>> penso dentro di me. La frase muore dentro di me, non riesco ad esprimerla. Peccato non poterlo trattenere un tesoro di tal sorta. Lo avrei tenuto volentieri. Il mio pensiero va mentre loro si sono già lanciati nelle loro corse sfrenate a depredare quella o altra roccaforte.

Alzo lo sguardo. Il giovane professore tedesco sta tenendo la lezione con i suoi studenti che lo seguono con attenzione ed interesse.

La mia curiosità mi ha spinto troppo allo scoperto. Sono un invasore, me ne rendo conto subito quando il mio sguardo cade su quel laboratorio all’aperto di pietre preziose: una distesa di lapislazzuli e pietre di ogni forma e colore stesi su un tavolo nel laboratorio orafo allestito all’aperto, ai cui lati si assiepano gli studenti tedeschi delle vacanze studio.

Il maestro non mi rivolge nemmeno lo sguardo oltreché la parola; continua a parlare imperterrito.

<<.... Entschuldigungs…>> abbozzo, rendendomi conto di essermi spinta oltre, nel vedere la mia ombra proiettata su un diamante/zircone privo di tutta la sua lucentezza naturale.

<< Tut es mir Leid! ....das Licht.......>>

<<zu nehmen!>>

Mi fa coro una ragazzina mora seduta di fronte a me, quando mi sono frapposta fra le pietre preziose e la luce.


©️ Marzia Pasticcini

(mercoledì 1 settembre 2004)