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martedì 18 luglio 2023

L'orfanotrofio

Ti racconterò una storia, che forse conoscerai o forse non ne hai mai sentito parlare.

Durante un recente viaggio ad Auschwitz e la visione di una enorme pila di scarpe delle vittime dell'olocausto -- e quella maniera maniacale  che i nazisti avevano di classificare per categoria gli oggetti personali sottratti alle vittime -- ha smosso un ricordo ad una persona, ormai adulta, e che all'epoca della storia era una bambina di 6 anni compiuti da poco. 

Ora sta cercando di rimettere assieme tutte le tessere di un mosaico e ritrovare il luogo dove si svolse un'esperienza per lei perturbante.

Ritrovare il luogo dove si svolsero i fatti è per lei motivo di primaria importanza, un modo per pacificare un evento perturbante; dare una conclusione a una storia incompleta, un ricordo rimasto in sospeso per troppo, troppo tempo.

Forse ne avrai sentito parlare all'epoca, di questo posto, quando lavoravi in Comune.



Negli anni 1967/68 c'era un istituto di carità gestito da suore e assistenti sociali in una località sopra Firenze. 

Ci si arrivava passando dal cimitero degli Americani. O forse era nei dintorni di San Casciano dove c'era il cimitero degli Inglesi. 

La persona si ricorda tante, tante file di  croci bianche, ma è tutto avvolto nella nebbia.

Neppure la madre nel corso degli anni, nonostante le diverse sollecitazioni da parte della figlia, seppe ritrovare il bandolo della matassa, anche perché non era mai uscita di casa dovendo accudire una famiglia bisognosa.


Era un orfanotrofio che ospitava bambine orfane  e fungeva anche da colonia estiva per bambine dai 6 anni in su provenienti da famiglie meno abbienti. 

Era una vecchia villa con cancello,  un cortile per giocare e una serra dalle tante ampie vetrate, con piante in stato di abbandono, tantissime stanze e un grande refettorio dove le bambine mangiavano tutte assieme.


Un giorno sulla porta di casa si presentarono una coppia di assistenti sociali, inviati dal Comune, per dare sollievo alla famiglia. 

Poiché i fratelli più  grandi frequentavano già le colonie estive al mare, la madre fu sollecitata affinché lasciasse che anche la bambina potesse approfittare di questa occasione,  che le avrebbe fatto bene respirare altra aria. 

Le dissero, o meglio, la persona immagina che dissero -- non avendo assistito al dialogo quando all'epoca era una bambina di poco più di cinque anni -- che sarebbe andata in colonia in campagna… che le avrebbe fatto bene... che sarebbe stata in compagnia…  che il posto accoglieva tante orfanelle… -- ma lei non era orfana: "IO la mamma ce l'avevo!", ricorda, e  

che in quel posto la mamma non l'accompagnò, ma le aveva preparato il corredino.


Ricorda che al suo arrivo, c'erano solamente due suore a gestire quello che si rivelò essere un collegio di orfane di varie età, dove le più grandi accudivano le più piccole.

Erano tutte vestite con orrendi abiti grigi e neri, tutti uguali. 

Dovevano collaborare tutte all'andamento del collegio: apparecchiare e sparecchiare il refettorio per la colazione, il pranzo e la cena. Ma per quanto si sia sforzata, ancora adesso non ricorda l'ora di andare a dormire, non arrivava mai.

Ricorda molto bene una ragazza grande cui su riferiva perché le suore la intimorivano.

Ricorda l'acre odore della cera da scarpe nere e file di scarpe nere appaiate che doveva pulire e lucidare. Era questo il lavoro che le era stato affidato, almeno fino al giorno in cui la mamma e la nonna decisero di andare a trovarla.


Arrivarono in taxi, crede, perché non c'erano altri mezzi di trasporto e nel corso del tempo, la mamma non è più riuscita a ricordare la strada percorsa.


La madre rimase sbalordita dalle scene che le si pararono  davanti: la bimba in lacrime, tutte vestite uguali con quegli orrendi abiti grigi e neri, l'odore della cera da scarpe, le scarpe di tutte le orfanelle  appaiate e messe in fila.


Ricorda che la mamma si arrabbiò perché era sparito il suo corredino di abitìni colorati che le aveva comprato con tantissimi sacrifici.


"E quando venne a trovarmi…" , ricorda, "... rimase sbalordita di dove mi trovavo e fu dura convincere le monache a portarmi a casa; volevano per forza tenermi lì …… le mie lacrime e il dissenso di mamma e nonnina ebbero la meglio. 

Mi fai pensare che a portare mamma e nonnina al collegio fosse un tassista…… piano piano affiora tutto 🤯🙄!".

©️ Marzia Pasitccini

18 luglio 2023

giovedì 13 luglio 2023

Bambino nel marsupio


Sul sedile posteriore di un'auto di grossa cilindrata un bimbo di pochi mesi sonnecchia nel suo seggiolino. È avvolto  fino al collo da una coperta che aderisce ad altre sagome oltre la sua. Sono i suoi fratellini che dormono accanto e sopra di lui avvolti e nascosti dentro la coperta.

Sono bimbi di colore.

Arriva il padre che prendo a presentare a tutti gli astanti: ecco il padre, dico a tutti in inglese, here's the father.

Lui sorride divertito.

E poi mi affidano uno di questi bambini in un marsupio che indosso davanti col bimbo seduto rivolto verso di me con la testolina nascosta appoggiata sul petto.

Ben presto mi ritrovo a camminare su un terreno erboso accidentato, con zolle di terra smosse e affioranti e man mano che procedo i passi si fanno sempre più incerti, perché il terreno, in molti punti  è fangoso in presenza di un vasto acquitrino e non so dove mettere i piedi.

Mi fermo un istante per sondare il terreno e cercare i pochi punti dove la terra è secca. In quel momento, non riuscendo a procedere, mi preoccupo di voltare il bambino nel timore che con il visino schiacciato contro il mio petto possa soffocare.

Guardo sulla mia sinistra e  un'immagine di desolazione mi si para davanti: un grosso spazio andato in malora, una struttura aperta la cui superficie si estende ed occupa lo spazio di un isolato. Sono rimaste solo 4 colonne alle estremità e si nota la porta in fondo a destra oltre questo spazio di un immobile che prima -- nel sogno -- era un bar che frequentavo quando andavo in questo posto (onirico) di villeggiatura. Sul lato di fianco alla porta del bar abbandonato c'è ancora una cabina telefonica rossa.

Ferma sul suolo secco, con passi incerti, come se camminnassi coi tacchi o con le zeppe alte sul lastrico di un centro storico, cerco invano di richiamare l'attenzione di un passante che mi possa dare una mano. L'uomo non mi sente e indifferente procede oltre.


Giovedì 13 luglio 2023


Marzia Pasticcini