Cookies' Blog

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lunedì 28 gennaio 2013

Sprofondare insieme fino all'estremo limite dell'abisso

I complici è il primo romanzo di Georges Simenon che leggo e mi dispiace non averlo scoperto prima, tanto ero condizionata dall'immagine televisiva del Commissario Maigret. Ma i romanzi con i commissari non mi stimolano più di tanto, non mi sono mai piaciuti molto. Anche se per qualcuno, quella che sto per dire sarà una sottigliezza – una questione di lingua o di colore (intendo il colore giallo o nero della copertina) – per me non lo è affatto: alla ricostruzione dei fatti, ho sempre preferito l'atmosfera noir dei momenti che precedono la tragedia. Una tragedia inaspettata che accade e travolge la vita e il destino di persone normali che vivono una vita ordinaria senza alti né bassi, ignari del fatto che stanno per attraversare una soglia. Una soglia che li condurrà inevitabilmente verso un baratro. E quando poi se ne accorgeranno, sono ben oltre, in caduta libera nell'abisso.
E in caduta libera è Joseph Lambert, il protagonista, dalla coscienza sporca che tenta di nascondere pure a se stesso l'incubo e il senso di colpa che lo tormenta.
Joseph Lambert è un imprenditore, un borghese di provincia, stanco della moglie e un gran donnaiolo, ha una relazione con la sua segretaria-amante: Edmonde Pampin, diventata sua complice dalla sera in cui, guidando a zig zag con la mano destra fra le cosce di lei, sente dietro di se il clacson di un pullman che sta riportando a Parigi i bambini di una colonia estiva. Lui – con l'auto piazzata in mezzo alla carreggiata, sotto la pioggia sferzante – sterza cercando di raddrizzare la Citroen, ma non ci riesce, l'asfalto è scivoloso. Il pullman che procede a gran velocità riesce a passare lo stesso.
I due non si voltano, nella loro freddezza vanno avanti, non si fermano,neppure quando lo specchietto retrovisore rimanda la scena del pullman che si schianta contro un muro in un rogo mostruoso.
Edmonde rappresenta per Joseph la via di fuga dalla sua quotidianità.
Il rapporto di intimità instaurato tra loro non è dato solo dal piacere carnale, fisico, immediato. Joseph crede di aver trovato nella ragazza "ciò che aveva sempre cercato per tutta la vita” e che nessuno, né la famiglia, né la moglie Nicole, gli aveva mai dato.
"Il gioco segreto tra i due aveva le sue regole, i suoi segnali, i suoi riti consacrati”.
Dice il narratore: "Non erano innamorati,ma solamente complici in un mondo diverso, e quel mondo assomigliava più a quello dell’infanzia che non a un mondo maledetto”.
Con lei desidera sprofondare fino all'estremo limite dell'abisso, ha fame di lei, del suo sesso e delle fasi misteriose del suo piacere (p 129), gli resta solo questo, quello che era un loro diritto, prendere il volo, saltare in un'altra dimensione (p 132).

© Marzia Pasticcini
Certaldo, 28 gennaio 2013

sabato 26 gennaio 2013

L'arte del sottrarre

Mentre stavo ascoltando fahrenheit 451, sono stata rapita dalle parole di Luca Ricci – giovane autore italiano (pisano) contemporaneo. Ho alzato il volume e l'ho sentito parlare di gioco di specchi e rimandi letterari: nel suo nuovo libro, "Mabel dice sì",  il suo intento era di costruire un racconto che fosse il rovescio (di genere femminile) del «Preferirei di no» de “Lo scrivano Bartleby” di Melville.
Un ex studente al Conservatorio sogna di diventare un virtuoso del pianoforte, ma per mantenersi accetta di lavorare come portiere di notte. La cosa interessante è il fatto che l'autore si è divertito a sottrarre informazioni ai personaggi, tacendo quel che loro fanno dopo il lavoro (dopo che il riflettore si è spento), e dirigendo l'attenzione sulla semplice struttura della storia.
Qui il protagonista, che parla in prima persona, non può fare a meno di osservare ciò succede intorno: i colleghi, i clienti, le porte di camere segrete chiuse a chiave, la figura evanescente di Mabel che dona in giro carità e sesso a chi lo chiede e ne ha bisogno; il tutto è raccontato in prima persona, filtrato attraverso gli occhi del protagonista.
Togliere informazioni sui personaggi, per Ricci significa voler esplorare i limiti di ciò che è possibile narrare. Addirittura i personaggi secondari appaiono più veri e più interessanti dei protagonisti, perché semplicemente osservati, filtrati dallo sguardo vigile di chi sa cogliere significati da gesti e azioni che con sguardo distratto non saremmo in grado fare.
La poetica che sottosta al libro è infatti la storia che deve stare in primo piano, soprattutto quando  si tratta di racconto; nel romanzo è più facile incorrere nel rischio di accumulare informazioni e questo, di conseguenza, devia l'attenzione, portandola sui personaggi, a volte a scapito della storia.

© Marzia Pasticcini
Certaldo, 26 gennaio 2013

domenica 13 gennaio 2013

Letteratura Partecipativa sull'orlo del piacere

Si parla di “letteratura performativa” in questa storia di appena cinquanta pagine. Non è un romanzo e neppure un racconto. È una lettera destinata ad una giovane donna in viaggio in treno da Parigi a La Rochelle. Su precise istruzioni, compra un copia di "Le Monde" di quel Sabato 20 luglio e sale sul treno. Si siede nel posto prenotato, apre il giornale. È una lettera per lei, una lettera così  provocante e sensuale da poter finire in mano ai 600.000 lettori di “Le Monde”.
La voce del narratore si esprime in seconda persona, un tu confidenziale che le detta le regole del gioco: un invito a pensare, visualizzare e compiere gesti erotici, dove l'eccitazione non sta tanto nel gesto in se stesso, ma nel suo procrastinarlo, per fermarsi sull'orlo del piacere.
Il narratore le impone di fermarsi nella lettura, per un tempo preciso, scandito dall'orologio, ad un'ora e minuti precisi che corrispondo a una tappa del percorso: “Se tutto è andato per il verso giusto, se hai rispettato i tempi indicati, tu stai leggendo questa pagina oggi sabato 20 luglio verso le ore 16.15, e il treno è appena ripartito dopo la fermata di Poitiers.”.
Leggere è come annullare lo spazio e il tempo, portando in contatto scrittore e lettore in un tempo altro, un eterno presente: “Io l'ho scritta a fine maggio, prima di partire per la Russia. Ho scritto a “Le Monde” di fissare la data di pubblicazione”.
Ogni buona storia ha un tempo e uno spazio ben definito. Scrivere e leggere è in definitiva come viaggiare: cosi come al treno che sta giungendo a destinazione, rimangono tre quarti d'ora di viaggio, allo scrittore 5000 caratteri dei 35000 concessi.
Una lettura partecipata da altri lettori di "Le Monde" che viaggiano nel medesimo convoglio e che condividono la medesima esperienza della destinataria della lettera.  Sono anche loro i protagonisti: i viaggiatori di quel treno TGV Parigi-La Rochelle delle ore 14:45 di quel sabato 20 luglio descritto nella storia che stanno leggendo e vivendo, come lo sono del resto anche i lettori del romanzo.
Troppi personaggi ha questa storia, lamenta ad un certo punto il narratore, più avanti nel testo, che non riuscendo più a controllare, decide di lasciare la presa. Però la storia procede comunque e lui, lasciandosi trasportare dall'immaginazione, dà loro libero arbitrio e la richiesta-invito per un sequel performativo e/o interattivo.

® Marzia Pasticcini
Certaldo, 13 gennaio 2013