Mentre stavo ascoltando fahrenheit 451, sono stata rapita dalle parole di Luca Ricci – giovane autore italiano (pisano) contemporaneo. Ho alzato il volume e l'ho sentito parlare di gioco di specchi e rimandi letterari: nel suo nuovo libro, "Mabel dice sì", il suo intento era di costruire un racconto che fosse il rovescio (di genere femminile) del «Preferirei di no» de “Lo scrivano Bartleby” di Melville.
Un ex studente al Conservatorio sogna di diventare un virtuoso del pianoforte, ma per mantenersi accetta di lavorare come portiere di notte. La cosa interessante è il fatto che l'autore si è divertito a sottrarre informazioni ai personaggi, tacendo quel che loro fanno dopo il lavoro (dopo che il riflettore si è spento), e dirigendo l'attenzione sulla semplice struttura della storia.
Qui il protagonista, che parla in prima persona, non può fare a meno di osservare ciò succede intorno: i colleghi, i clienti, le porte di camere segrete chiuse a chiave, la figura evanescente di Mabel che dona in giro carità e sesso a chi lo chiede e ne ha bisogno; il tutto è raccontato in prima persona, filtrato attraverso gli occhi del protagonista.
Togliere informazioni sui personaggi, per Ricci significa voler esplorare i limiti di ciò che è possibile narrare. Addirittura i personaggi secondari appaiono più veri e più interessanti dei protagonisti, perché semplicemente osservati, filtrati dallo sguardo vigile di chi sa cogliere significati da gesti e azioni che con sguardo distratto non saremmo in grado fare.
La poetica che sottosta al libro è infatti la storia che deve stare in primo piano, soprattutto quando si tratta di racconto; nel romanzo è più facile incorrere nel rischio di accumulare informazioni e questo, di conseguenza, devia l'attenzione, portandola sui personaggi, a volte a scapito della storia.
Un ex studente al Conservatorio sogna di diventare un virtuoso del pianoforte, ma per mantenersi accetta di lavorare come portiere di notte. La cosa interessante è il fatto che l'autore si è divertito a sottrarre informazioni ai personaggi, tacendo quel che loro fanno dopo il lavoro (dopo che il riflettore si è spento), e dirigendo l'attenzione sulla semplice struttura della storia.
Qui il protagonista, che parla in prima persona, non può fare a meno di osservare ciò succede intorno: i colleghi, i clienti, le porte di camere segrete chiuse a chiave, la figura evanescente di Mabel che dona in giro carità e sesso a chi lo chiede e ne ha bisogno; il tutto è raccontato in prima persona, filtrato attraverso gli occhi del protagonista.
Togliere informazioni sui personaggi, per Ricci significa voler esplorare i limiti di ciò che è possibile narrare. Addirittura i personaggi secondari appaiono più veri e più interessanti dei protagonisti, perché semplicemente osservati, filtrati dallo sguardo vigile di chi sa cogliere significati da gesti e azioni che con sguardo distratto non saremmo in grado fare.
La poetica che sottosta al libro è infatti la storia che deve stare in primo piano, soprattutto quando si tratta di racconto; nel romanzo è più facile incorrere nel rischio di accumulare informazioni e questo, di conseguenza, devia l'attenzione, portandola sui personaggi, a volte a scapito della storia.
© Marzia Pasticcini
Certaldo, 26 gennaio 2013
Certaldo, 26 gennaio 2013
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