LA LIBRERIA UBIK

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Percorro in bicicletta a velocità sostenuta, in tutta la sua lunghezza, il corridoio della galleria commerciale fino alla parete di fondo dove sono esposti attrezzi da ferramenta. Nel percorso di ritorno lo sguardo mi cade sull'insegna della libreria Ubik che ho appena passato. Torno indietro, smonto dalla bici e mi avvicino alla vetrina della libreria. Mi affaccio alla porta, la libreria vera e propria è situata al piano sopraelevato. I libri sono ancora esposti sugli scaffali visibili dalla parete di vetro, ma tutto è privo di colore, le luci sono spente, come una foto in bianco e nero.
Varcata la porta d'ingresso, in mezzo alla sala antistante la libreria, è posto un grande tavolo rettangolare attorno al quale sono seduti giapponesi come in meditazione. Rimango per un po' interdetta, poi chiedo se la libreria sia ancora attiva.
Mi risponde il giapponese seduto sul lato sinistro della stanza, seduto all'estremità del tavolo rispetto alla porta d'ingresso. Tutti sono muti, gli sguardi tutti rivolti verso di me,. L’immagine che mi si para davanti è molto inquietante per quella atmosfera buia e silenziosa.
Dalla voce della pubblicità della Suzuki vengo a sapere che la libreria è ancora esistente, ma i due proprietari marito e moglie, la signora col caschetto biondo, sono morti. Senza aggiungere parole, mi siedo accanto a loro.
Come se fossero riuniti per una seduta spiritica, chiedo loro di unire le mani a formare una catena. Solo una donna si rifiuta.
Io tengo la mano del giapponese dalla voce della pubblicità della Suzuki e dell'altro seduto accanto a me alla mia destra e rimaniamo in un solenne silenzio meditativo. Il giapponese dalla voce della pubblicità della Suzuki mi mostra un articolo di giornale con una foto dove è ripresa la scena che ho appena visto: di loro seduti in meditazione attorno al tavolo nell'androne della libreria ubik, una libreria fantasma.
Credo di ricordare che fossero riuniti per sconfiggere le malattie.
Più tardi mi trovo in una casa, nessuno sa dove io sia, e ripenso all'avventura che mi è successa. Non vedo l'ora di raccontare dove sono stata e cosa mi è capitato.
Sono nel cortile di una scuola, non so perché sono lì. Ci sono i colloqui con i genitori e gli insegnanti.
C'è una ragazza nel cortile, ci scontriamo malamente e ci facciamo male. Lei allora mi invita a casa sua, i genitori si sono dovuti assentare.
Nella casa ritrovo il giapponese che ha la voce come la pubblicità della Suzuki. Mi mostra ancora l'articolo del giornale e la foto.
Il giapponese si è allontanato ed è giù nel giardino. Ho con me l'articolo ma la foto non riesco a ritrovarla, credo ce l'abbia lui, voglio farmela ridare.
Cerco il cellulare perché voglio scattare una foto all'articolo ma soprattutto all'immagine inquietante in bianco e nero della seduta. Poi perdo di vista anche il cellulare.
Nel frattempo la ragazza che ho conosciuto torna col suo cellulare che riproduce un video: la pubblicità di una bibita simile alla coca-cola dove il protagonista, più giovane, parla con la stessa voce della pubblicità della Suzuki.
"È lui!” mi dice la ragazza “tempo fa faceva la pubblicità".
L’avere fatto la catena di mani, quando mi sono seduta con loro attorno al tavolo in meditazione, lui mi ha dato un senso di pace e di empatia, condizione per ricevere il dono della guarigione imponendo le mani.
La ragazza dopo torna col mio cellulare, è bianco a differenza di quello nero della veglia. Le do il mio numero affinché mi faccia uno squillo e possa registrare il suo.
Chiedo della foto e dell'articolo di giornale e dove sia lui.
"È in giardino a meditare" mi risponde.
Giriamo per casa, vedo alcune monete su uno scaffale. Ho un incredibile voglia di prenderle e glielo dico. In fondo alla stanza su un altro scaffale sono riposte borse e borsette, è il deposito dei suoi genitori.
Sento lo scatto della serratura della porta d'ingresso, sono di ritorno ai suoi genitori.
Corro a rifugiarmi nella sua stanza per avvertirla, poi lei si alza, va a parlare con i suoi, ma loro non la sgridano come temevo, le parlano in maniera e tono ragionevole.
Poi esco pure io e la signora mi guarda con un'aria interrogativa da déjà vu.
"Sì, ci siamo viste alla scuola!” le confermo. Con loro c'è un dottorino, non è ancora laureato, ma in grado di curare qualcuno, è biondo e carino, poi vedo qualcuno disteso su un letto o su una barella.
Domenica 14 settembre 2025
©️ Marzia Pasticcini