Cookies' Blog

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mercoledì 5 dicembre 2012

La risposta araba alle cinquanta sfumature

La storia è il viaggio iniziatico di Leila, che con l’aiuto della zia Zobida, una vedova di mezza età, guaritrice e dalla doppia vita, fugge dal villaggio nativo, dopo aver rischiato di essere ripudiata dal marito e dalla famiglia di lui perché, la prima notte di nozze,  l’imene non ha sanguinato. L’inesperienza del marito e la tensione e la paura della ragazza hanno contribuito affinché la "gatta" o  la “mandorla” della ragazza non si aprisse.
La zia ha una storia sessuale segreta e decide di “istruire” la ragazza lontano dall’ambiente severo e bigotto del villaggio,  rivelando ai suoi familiari che la ragazza non  può essere penetrata a causa di un incantesimo fatto fare dalla madre della ragazza, ora defunta. Una fattucchiera ha “sigillato” l’imene di Leila, che ora può essere riaperto solo da quella stessa maga. Durante il tragitto attraverso il deserto africano e di villaggio in villaggio. Leila verrà iniziata ai piaceri del sesso.
Durante il viaggio Leila incontrerà altre donne e l'ascolto dei loro racconti, delle loro storie di dolore, romperà la solitudine e il divario tra le loro esperienze individuali. Recidendo i legami con il passato e le tradizioni imposte dalla religione imperante, la giovane Leila riuscirà  a dare un senso alla sua vita e a formarsi come persona e come donna.
L'autrice, di cui si ignora, volutamente, l'identità, tenta magistralmente di riannodare i fili con le tradizioni dell'antica civiltà araba felice e sensuale. La traversata dei sensi è un racconto erotico, dolce e coinvolgente, un atto di coraggio, di ribellione e libertà, per ridare alle donne una voce ancora oggi negata.

Certaldo, 5 dicembre 2012
Marzia Pasticcini

lunedì 29 ottobre 2012

Sono le storie a dare sapore alle cose


"Il desiderio è il solo motivo per cui andiamo avanti in mezzo a tanto orrore. Tutti abbiamo bisogno di una passione, o di un'ossessione. Cerca la tua. Desiderala fortemente, e fa' della tua vita la ragione stessa per cui vivi."
"Come faccio a sapere se la mia ossessione o la mia passione è quella giusta?..."
"Perché se la racconti a qualcuno e questi la trova interessante, allora saprai che non hai vissuto invano. Ricorda, figliolo: sono le storie a dare sapore alle cose."
Fantastico libro. dico solo questo: 
Semplicemente F A N T A S T I C O  e 
F A N T A S T I C O chi me lo ha consigliato e poi prestato.
Grazie infinite.

Marzia Pasticcini
Certaldo, 29 ottobre 2012

sabato 29 settembre 2012

Francesco d'Assisi e la Fisica Quantistica

Francesco Pandolfi Balbi, o come piace chiamarlo a me: Francesco d'Assisi, è sceso dal Monte Subasio, dopo un ritiro durato, se non erro, alcuni anni. Personaggio eclettico con la passione per l'informatica, la Fantascienza, il Mistero, la Fisica quantistica, in modo particolare le teorie olografica di David Bohm e del Superspin di Malanga-Pederzoli, la Filosofia, la Metafisica; è amante della spontaneità e dei semplici piaceri della vita di cui la scrittura occupa una parte preminente, in quanto generatrice di  bellezza e armonia.
Scrive di tutto, s''interessa di tutto, dalla tutela  dell'ambiente e del benessere fisico e interiore dell'Uomo alla  natura della vita e dell'esistenza di cui è un grande osservatore. Egli stesso si definisce un visivo-cinestesico ed enneatipo quattro conservativo, ma con queste auto-definizioni, si aprirebbe un capitolo di psicologia del profondo di difficile gestione. Comunque i  suoi interessi sono molteplici e lo portano talvolta  oltre i confini della realtà: vi invito a visitare  il suo sito: http://www.poterepersonale.it.
Di carattere un po' schivo e di  animo anarchico (E' un Ariete), una volta vinta la sua diffidenza nei confronti di Facebook, e ripresi i contatti con l'umanità, ha finalmente dato sfogo alla sua grafomania, grazie anche alla sua esperienza di editore e webmaster che lo ha portato alla quinta riedizione del romanzo "Nulla mai finisce" uscito per la prima volta con il titolo "Chiaraluna". Non ho fatto a tempo a rileggere la precedente edizione, chissà cosa avrà cambiato del romanzo e della trama.
Sinossi: Una serie di eventi apparentemente casuali trasforma la società globale – generatrice di sofferenza e fondata sui giochi di potere – in una dimensione fortemente naturale e a misura d'uomo . Nasce il mondo per 

il quale – pur non avendolo mai conosciuto – molti provano da sempre profondissima nostalgia.

L’apparente   tranquillità  dell’atmosfera   che  regna   nelle   prime  pagine preannuncia, però, un forte trauma planetario accompagnato  da  morte e sofferenza.
Nulla di nuovo all’orizzonte, si dirà. Eppure questo libro continua a piacere non solo a molti lettori di romanzi d’avventura, ma anche e soprattutto a chi ama riflettere sulla natura della vita, dell'Uomo, dell'universo.
L'apparenza, quindi, è quella di un romanzo avvincente, mentre la sostanza inneggia alla vita e contribuisce a una visione più piena dell'esistenza umana.
Cosa ci si può aspettare da un autore di fantascienza se non il genio che precorre i tempi: l'aeromobile di sua invenzione è stata descritta prima da lui poi l'ho vista realizzata e pubblicizzata sul sito della Fondazione Keshe; quella vera di Keshe, pare voli, plani e funzioni ad energia antigravitazionale al plasma (http://www.facebook.com/pages/Keshe-Foundation/126388777468892). Francesco l'aveva descritta nel suo romanzo che poi, lui non scrive mica romanzi, ma saggi travestiti da romanzi - vedere qui per credere: http://www.nullamaifinisce.it/. In fondo, se non erro,  il titolo stesso ricalca la prima legge della termodinamica: "Niente si crea e niente si distrugge!". Ma cosa avrà cambiato in questa ultima edizione?

© Marzia Pasticcini
Certaldo, 29 settembre 2012

mercoledì 22 agosto 2012

L'ombra del vento

“Questo luogo è un mistero, Daniel, un santuario. Ogni libro, ogni volume che vedi possiede un’anima, l’anima di chi lo ha scritto e l’anima di coloro che lo hanno letto, di chi ha vissuto e di chi ha sognato grazie ad esso”.
Nella Barcellona misteriosa del 1945. Daniel Sempere, il figlio undicenne di un libraio, adotta un libro: "L’ombra del vento", un libro che rapisce l'attenzione del piccolo Daniel e lo difende con tutte le sue forze. Questo luogo di cui Isac Montfort è il custode, è il labirintico Cimitero dei libri dimenticati.
Come potevano queste poche righe non rievocare un mio sogno di qualche tempo fa:
“In una casa strana e misteriosa che non so se sia appartenuta a mia nonna, seguo il padrone di casa che si avvia, facendomi strada, in direzione del salottino dove tengono i libri. Il marito bussa andando nel salottino dei libri, perché lui ha rispetto per le anime dei poeti e degli scrittori defunti. Ma non c'è nessuno oltre la porta. Io lo so”.

Le anime degli scrittori sono vive ed è possibile incontrarle e dialogare con loro nell'eterno presente della scrittura e della lettura; l'anima dello scrittore vive e rivive, ogni volta, nel momento in cui un lettore ne segue le parole, i pensieri e le emozioni.
Thriller ed horror si mischiano in questa atmosfera magica e un po' gotica di una Barcellona ammaliante.
Daniel legge il libro tutto d'un fiato appassionandosi a tal punto da rimanerne ossessionato.

Infatti nella disperata ricerca di altri libri del medesimo autore, Julian Carax, scrittore maledetto, che pare sia scomparso e non rintracciabile, Daniel scopre che la copia di cui è in possesso è l'unica esistente, perché qualcuno sta cercando e bruciando le copie di ogni opera di Carax.
La sua esistenza si intreccia con quella dell'autore in una storia enigmatica ed appassionante senza eguali, tale da cambiare la vita sia del protagonista che dei lettori.

© Marzia Pasticcini
Certaldo, 22 agosto 2012

Quello strano sentore che viene dal passato


Ho appena finito di leggere un libro da cui sono stata risucchiata non appena vista la copertina e sbirciato la trama riassunta sul retro. Sin dalla prima pagina, si percepisce una strana aria e l'olfatto è il motivo ricorrente che tiene tutta la storia insieme.
E' come se fossimo penetrati in un Bildungsroman (Romanzo di formazione) dalle tinte fosche, perché incontriamo un adolescente che vive in un orfanatrofio, per poi precipitare in uno strano incubo.
La storia si svolge a Barcellona tra la fine degli anni '70 e inizio anni '80, ma subito dopo veniamo sprofondati in un altro tempo e in un'altra epoca dove il cuore della vicenda che coinvolge emotivamente il protagonista ha avuto inizio e questa atmosfera di "altro tempo" continua ad esercitare la sua influenza in maniera pregnante perché non c'à niente nella narrazione che richiami qualcosa degli anni '70/'80.
Per tutta la durata del romanzo, si respira un'aria di noir frammista a tonalità cupe che pian piano scivolano nell'horror di quei vecchi film americani in bianco e nero. Il titolo è Marina, l'autore è Carlos Ruiz Zafon.



© Marzia Pasticcini
Certaldo, 22 agosto 2012

martedì 21 agosto 2012

Morte dei Marmi


Ho appena finito di leggere un libro che mi ha prestato un mio carissimo amico. L'ho praticamente letto in un pomeriggio e me ne rammarico. Troppo poco tempo per un racconto così esilarante. Però è un testo che non puoi leggere in solitudine, va condiviso, letto ad alta voce, in compagnia, perché è pura oralità. Mi ha dato l'impressione di una conversazione con qualcuno che non vedevi da tempo incontrato al tavolino di un bar.
Seduto al tavolino c'è Fabio Genovesi i cui aneddoti non ti stancheresti mai di ascoltare:
“Noi quando sono arrivati i russi non ce ne siamo mica accorti. Nessuno ci aveva detto dei nuovi ricchi post Unione Sovietica, dei magnati di gas e petrolio. Per noi i russi erano un popolo fiero e modesto, e insieme meschino e invidioso, tutto preso a portare avanti una causa comune che era quella di regalare il paradiso socialista al mondo intero oppure di affogare il pianeta sotto le bombe nucleari. E intanto, nel tempo libero, giocavano a scacchi e leggevano romanzi difficili e si sfondavano di vodka per digerire le cene a base di bambini. Ecco perché i primi russi al Forte sono arrivati senza che ce ne accorgessimo. Perché nessuno li considerava russi”.
I vecchi del paese, quando sono arrivati i russi, non riuscivano a capacitarsi cosa avessero mai mangiato, quattro persone, per avere speso in un ristorantino del posto undicimila e trecento euro. Comunque i vecchi del posto, dice Fabio, non ci dormivano la notte, anche perché loro stessi erano dei gran mangiatori e bevitori, ma una cifra così non l'avevano mica mai spesa.
Anche io dei russi non me ne sono accorta, perché per me gli abitanti del Forte erano Adriana, la mamma della mia amica del cuore Mariacristina, Adriana che parlava con quell'accento strano... con le D al posto delle T, e il bel bagnino biondo, alto e muscoloso nonché campione di Surf che poi la mia amica si è spostata. Ricordo che abitavano in un monolocale sovrastante il loro stabilimento balneare. Ora hanno tre figli e un palazzo a tre piani, un piano per ogni figlio il più piccole dei quali, se ben ricordo, condivide con i genitori l'appartamento al piano terra,. Forse i russi, ora che ci penso, sono passati anche da loro.
Per quanto mi riguarda ero rimasta al film “Sapore di Sale”. Io non credevo che i “Signori", milanesi e i turisti del Forte, come si vedono nei film di Vanzina, fossero veri. Mi ci voleva Genovesi per confermare questo mio sospetto.
Quindici anni fa ero incinta di mia figlia, ed ero al Forte alla cena del Vernissage della mostra di Aldo Mondino. Al mio tavolo si siedono dei milanesi e altra gente vip, spiccicati sputati come nei film di Vanzina e come descrive Genovesi.
Mi ricordo che un tipo accanto a me, mentre era ancora nella galleria, telefona a una tipa invitandola ad un aperitivo e forse anche alla cena.
Dopo neanche due ore, questa si presenta con una mercedes. Una tipa esageratamente chic,  tacco 15, bocca e unghie rosa schoking, bionda e col mercedes parcheggiato di fronte al ristorante comincia a battere le unghie sul tavolo e fa "Vacanze-...." dove andate in vacanza?".
Insomma era partita da Milano per un semplice aperitivo, e poi al ristorante, trovava qualsiasi pretesto per far portare indietro al cameriere i piatti che aveva ordinato o perché c'era il tartufo che a lei non piaceva, o perché era allergica al formaggio.
Mi ricordo che disse: “l'uomo più interessante della serata oltre Mondino è Andrea. Ma ha la moglie incintissima”.
Per me Forte dei Marmi sono sempre state le vetrine e tutta questa fauna sfarzosa.
Genovesi in proposito dice: “... su Forte dei Marmi si è abbattuto uno tsunami di denaro. ...e  se poi per disgrazia viene fuori che a Forte dei Marmi ci hai pure fatto il liceo, allora davvero ti guardano come se gli dicessi che ti sei laureato a Gardaland”.
Se poi gli chiedi dove vivi? Lui risponde: “Io vivo a Morte dei Marmi. Anzi no, a Forte dei Marmi. Perché un paese non è morto se ancora ci vive qualcuno”. E' vero, perché Genovesi la sua casetta non l'ha data via, ma se l'è tenuta per se.

© Marzia Pasticcini
Certaldo, 21 agosto 2012

venerdì 20 luglio 2012

Autobus n. 3 solo andata

«Sono quarant’anni che le cose vanno avanti così… quarant’anni… e poi dicono che la colpa è della Lehman Brothers!»
Cerco a chi appartiene la voce di cui percepisco solo queste parole. Se mi sporgo un attimo, riesco solo a vedere il viso del suo interlocutore, un uomo con la barba che ascolta in silenzio, senza opporre resistenza, né ribatte contro.
Seguo il monologo di cui ho perso l’inizio e non riesco a ricostruirne il senso con i pochi elementi che ho.
Non riesco a vedere la persona che parla.
Una signora ne copre la vista, una signora anziana, molto raffinata, vestita di bianco, capelli lunghi color della cenere e occhi penetranti, verdi.
Mi guarda e sorride. Tiene le braccia incrociate sul petto; in mano ha un cappello, un cappello bianco di paglia. Lo tiene sul petto affinché non si schiacci nella calca.
La signora mi sorride:
«Che begli occhi celesti che ha, non se ne vedono così!».
La ringrazio.
La signora continua a sorridere, serena.
Due fermate prima della mia, l’uomo con la barba scende e il monologhista si volta.
E’ anziano, un viso sorridente di persona serena ma che sta attenta a ciò che le succede intorno.
«Che bel cappello...» si rivolge così alla signora.
«Che bello il cappello di paglia di Firenze… oggi non lo porta più nessuno il cappello… anche i giovani… le ragazze, si lo so… loro sono per la creatività ma…. prima... tutte le signore portavano il cappello… stanno bene le donne col cappello».
L’anziano, dall’espressione solare, interrompe un attimo il suo monologo per rivolgersi alla signora
«Lei di dove è signora…dove abita?»
«Sono del Chianti!» risponde lei, con una voce senza influssi dialettali. Si direbbe inglese, americana o tedesca all’apparenza. Ha quell’aspetto sereno di una straniera in vacanza, però non riesco ad individuare alcun influsso dialettale. Parla un italiano perfetto. Non è possibile collocarla in alcuna regione particolare. È come se non fosse né Italiana né straniera. Allora cos’è?
Sembra che la medesima curiosità abbia preso l’anziano oltre me.
Alla risposta “Chianti” l’anziano riprende il suo monologo, avviandosi verso la conclusione:
«...Eh sì…prendono in giro la Regina d’Inghilterra, per il cappello ma…. vede…i giovani d’oggi, le ragazze… io sono in pensione dal 96, e da allora collaboro con una casa editrice… ci sono molte ragazze, molte stagiste… ma nessuna mette più in evidenza la femminilità, vogliono essere e si vestono tutte da maschi.»
L’autobus si ferma, l’anziano scende, un'ultima constatazione:
«Eh sì non c’è più la femminilità!».

® Marzia Pasticcini
Siena, 20 luglio 2012