Cookies' Blog

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sabato 2 settembre 2023

Viaggio in Messico

 


Siamo seduti in un terminal bus in attesa del mezzo che ci porti in gita in una località nel cuore dell'entroterra messicano. 

L'attesa è lunga e snervante. 

Sonia, una mia attuale collega, ha portato con sé alcuni libri usati da donare alla popolazione locale e li consegna a una vecchia messicana.

Il tempo pare non scorrere, così mi alzo a esplorare l'interno della vicina stazione di servizio. 

Mi aggiro per gli ampi spazi deserti; scruto le pareti dove su un basso scaffale sono allineati alcuni libri che attirano la mia attenzione e curiosità. Ne prendo uno da  portare via con me e noto con sorpresa che sono gli stessi libri che aveva portato la mia collega e che neanche un secondo prima li aveva consegnati alla vecchia messicana e ora sono già qui, da prima che arrivassi io.

Torno al terminal bus e mi rendo conto con grande disappunto che l'autobus è partito, non mi ha aspettato.

Mi sento dire che in questa località gli autobus arrivano quando arrivano e ripartono non appena pronti. 

Mi dicono che posso raggiungerli perché partiti da poco, sempre che Pedro o Antonio, una sorta di corriere locale che ha un mezzo suo, si trovi presto nei paraggi e mi possa accompagnare. Non devono essere troppo lontani data la particolare conformazione orografica della strada e del paesaggio che non consente una velocità superiore al passo d'uomo.

Al che mi guardo attorno e immensi altipiani si estendono a perdita d'occhio intervallati da canyons e profonde gole popolate da borghi e comunità rurali.(*)

Il mio sguardo si perde all'orizzonte e mi ritrovo, non so come, in piedi in una ampia sala d'aspetto.

Non sono da sola, ma in compagnia. C'è una lunga fila prima di noi davanti a un varco presieduto da due controllori. 

Mentre aspettiamo il nostro turno scorgo due donne con lo sguardo fisso su di me; pare sorridino come se mi conoscessero; ho la spiacevole sensazione che mi vogliano abbordare come attratte sessualmente da me.

Si avvicinano, mi vengono incontro e solo allora le riconosco come due mie ex colleghe in vacanza in Messico con i loro rispettivi compagni e colleghi. Senza divisa non gli avevo riconosciuti e non li presento alle persone che sono in viaggio con me. Chiedo ai loro compagni informazioni su una nostra comune collega Monica G., un'amministrativa come me.

Mi rispondono che è più misantropa di prima e che lavora reclusa nel suo loculo tutta intabarrata e con indosso la mascherina per evitare contaminazioni.

C'è un'immagine in tutta questa storia che non so collocare in alcun punto preciso: sono io che tengo nel pugno una manciata di monete pochi spicci e qualche euro un po' polverosi di fuliggine nera e che a malincuore consegno nelle mani di un mio superiore.


Sabato 2 settembre 2023

Marzia Pasticcini 


(*) Solo ora, nello stato di veglia mentre cercavo un'immagine che ricordasse il paesaggio del sogno, ho scoperto che si trattava del Kasha-Katue Tent Rocks National Monument nel New Mexico. Che si sia trattato di un viaggio astrale anche se non ne ero consapevole? Non lo conoscevo, ma il paesaggio è quello e il sogno mi sembrava un'esperienza reale.



martedì 18 luglio 2023

L'orfanotrofio

Ti racconterò una storia, che forse conoscerai o forse non ne hai mai sentito parlare.

Durante un recente viaggio ad Auschwitz e la visione di una enorme pila di scarpe delle vittime dell'olocausto -- e quella maniera maniacale  che i nazisti avevano di classificare per categoria gli oggetti personali sottratti alle vittime -- ha smosso un ricordo ad una persona, ormai adulta, e che all'epoca della storia era una bambina di 6 anni compiuti da poco. 

Ora sta cercando di rimettere assieme tutte le tessere di un mosaico e ritrovare il luogo dove si svolse un'esperienza per lei perturbante.

Ritrovare il luogo dove si svolsero i fatti è per lei motivo di primaria importanza, un modo per pacificare un evento perturbante; dare una conclusione a una storia incompleta, un ricordo rimasto in sospeso per troppo, troppo tempo.

Forse ne avrai sentito parlare all'epoca, di questo posto, quando lavoravi in Comune.



Negli anni 1967/68 c'era un istituto di carità gestito da suore e assistenti sociali in una località sopra Firenze. 

Ci si arrivava passando dal cimitero degli Americani. O forse era nei dintorni di San Casciano dove c'era il cimitero degli Inglesi. 

La persona si ricorda tante, tante file di  croci bianche, ma è tutto avvolto nella nebbia.

Neppure la madre nel corso degli anni, nonostante le diverse sollecitazioni da parte della figlia, seppe ritrovare il bandolo della matassa, anche perché non era mai uscita di casa dovendo accudire una famiglia bisognosa.


Era un orfanotrofio che ospitava bambine orfane  e fungeva anche da colonia estiva per bambine dai 6 anni in su provenienti da famiglie meno abbienti. 

Era una vecchia villa con cancello,  un cortile per giocare e una serra dalle tante ampie vetrate, con piante in stato di abbandono, tantissime stanze e un grande refettorio dove le bambine mangiavano tutte assieme.


Un giorno sulla porta di casa si presentarono una coppia di assistenti sociali, inviati dal Comune, per dare sollievo alla famiglia. 

Poiché i fratelli più  grandi frequentavano già le colonie estive al mare, la madre fu sollecitata affinché lasciasse che anche la bambina potesse approfittare di questa occasione,  che le avrebbe fatto bene respirare altra aria. 

Le dissero, o meglio, la persona immagina che dissero -- non avendo assistito al dialogo quando all'epoca era una bambina di poco più di cinque anni -- che sarebbe andata in colonia in campagna… che le avrebbe fatto bene... che sarebbe stata in compagnia…  che il posto accoglieva tante orfanelle… -- ma lei non era orfana: "IO la mamma ce l'avevo!", ricorda, e  

che in quel posto la mamma non l'accompagnò, ma le aveva preparato il corredino.


Ricorda che al suo arrivo, c'erano solamente due suore a gestire quello che si rivelò essere un collegio di orfane di varie età, dove le più grandi accudivano le più piccole.

Erano tutte vestite con orrendi abiti grigi e neri, tutti uguali. 

Dovevano collaborare tutte all'andamento del collegio: apparecchiare e sparecchiare il refettorio per la colazione, il pranzo e la cena. Ma per quanto si sia sforzata, ancora adesso non ricorda l'ora di andare a dormire, non arrivava mai.

Ricorda molto bene una ragazza grande cui su riferiva perché le suore la intimorivano.

Ricorda l'acre odore della cera da scarpe nere e file di scarpe nere appaiate che doveva pulire e lucidare. Era questo il lavoro che le era stato affidato, almeno fino al giorno in cui la mamma e la nonna decisero di andare a trovarla.


Arrivarono in taxi, crede, perché non c'erano altri mezzi di trasporto e nel corso del tempo, la mamma non è più riuscita a ricordare la strada percorsa.


La madre rimase sbalordita dalle scene che le si pararono  davanti: la bimba in lacrime, tutte vestite uguali con quegli orrendi abiti grigi e neri, l'odore della cera da scarpe, le scarpe di tutte le orfanelle  appaiate e messe in fila.


Ricorda che la mamma si arrabbiò perché era sparito il suo corredino di abitìni colorati che le aveva comprato con tantissimi sacrifici.


"E quando venne a trovarmi…" , ricorda, "... rimase sbalordita di dove mi trovavo e fu dura convincere le monache a portarmi a casa; volevano per forza tenermi lì …… le mie lacrime e il dissenso di mamma e nonnina ebbero la meglio. 

Mi fai pensare che a portare mamma e nonnina al collegio fosse un tassista…… piano piano affiora tutto 🤯🙄!".

©️ Marzia Pasitccini

18 luglio 2023

giovedì 13 luglio 2023

Bambino nel marsupio


Sul sedile posteriore di un'auto di grossa cilindrata un bimbo di pochi mesi sonnecchia nel suo seggiolino. È avvolto  fino al collo da una coperta che aderisce ad altre sagome oltre la sua. Sono i suoi fratellini che dormono accanto e sopra di lui avvolti e nascosti dentro la coperta.

Sono bimbi di colore.

Arriva il padre che prendo a presentare a tutti gli astanti: ecco il padre, dico a tutti in inglese, here's the father.

Lui sorride divertito.

E poi mi affidano uno di questi bambini in un marsupio che indosso davanti col bimbo seduto rivolto verso di me con la testolina nascosta appoggiata sul petto.

Ben presto mi ritrovo a camminare su un terreno erboso accidentato, con zolle di terra smosse e affioranti e man mano che procedo i passi si fanno sempre più incerti, perché il terreno, in molti punti  è fangoso in presenza di un vasto acquitrino e non so dove mettere i piedi.

Mi fermo un istante per sondare il terreno e cercare i pochi punti dove la terra è secca. In quel momento, non riuscendo a procedere, mi preoccupo di voltare il bambino nel timore che con il visino schiacciato contro il mio petto possa soffocare.

Guardo sulla mia sinistra e  un'immagine di desolazione mi si para davanti: un grosso spazio andato in malora, una struttura aperta la cui superficie si estende ed occupa lo spazio di un isolato. Sono rimaste solo 4 colonne alle estremità e si nota la porta in fondo a destra oltre questo spazio di un immobile che prima -- nel sogno -- era un bar che frequentavo quando andavo in questo posto (onirico) di villeggiatura. Sul lato di fianco alla porta del bar abbandonato c'è ancora una cabina telefonica rossa.

Ferma sul suolo secco, con passi incerti, come se camminnassi coi tacchi o con le zeppe alte sul lastrico di un centro storico, cerco invano di richiamare l'attenzione di un passante che mi possa dare una mano. L'uomo non mi sente e indifferente procede oltre.


Giovedì 13 luglio 2023


Marzia Pasticcini

sabato 17 giugno 2023

IL CASSETTONE, LA VECCHIA E LA COPERTA DI LANA ROSA

Nella casa un vecchio cassettone troneggia nella stanza. Vado ad aprire il primo cassetto in alto, ma esce dalla guida di destra. Lo sfilo via e vado per rimetterlo a posto, ma stracolmo com'è  di vecchie foto in bianco e nero e spartiti musicali, nel tentare di spingerlo di nuovo al suo posto rischio di accartocciare le foto.

La stessa cosa si ripete per il cassetto immediatamente sottostante.

Per strada una ragazza racconta qualcosa a proposito di uno spartito musicale. I suoi discorsi vengono origliati da una vecchia che abita nell'appartamento che si affaccia sul cortile di fronte a casa mia.

Non appena rientro da fuori ecco che la vecchia in pigiama o camicia da notte e una vestaglia aperta mi segue fino in casa mia per rovistare nel vecchio cassettone e riprendersi la musica temo. Ero tranquilla, stavo guardando la TV su una vecchia macchina da cucire. Abbasso il volume e seguo la vecchia che si dirige verso il cassettone e prende ad aprire tutti i cassetti. Ma è un altro cassettone quello verso cui si precipita.

Tira fuori una coperta di lana rosa fatta ai ferri o all'uncinetto e, con mio dispiacere, se l'avvolge addosso. Forse era sua ed è rimasta nella casa che ci ha affittato, così come anche per le vecchie foto e gli spartiti.

La vecchia si sta per addormentare sul mio letto. 

"Vieni, ti accompagno a casa" le dico e lei si convince. 

Passiamo davanti alla cucina, vuole salutare mia madre. 

Mi accorgo con sorpresa che ci sono ospiti seduti in cucina. Mia madre non è sola, ma la vecchia la vuole salutare ugualmente. Mia madre non la vede perché concentrata a telefonare; sta componendo un numero su un vecchio apparecchio con la tastiera a disco.


©️ Marzia Pasticcini

Domenica 18 giugno 2023


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venerdì 5 maggio 2023

LA BAMBINA, LA MAMMA E LE QUATTRO TIBETANE

In vacanza con Andrea pernottiamo in una struttura che ricorda vagamente un ostello.

È notte, sto attraversando un vasto corridoio quando nel voltarmi noto una bambina piccola, scalza, un vestitino di maglina sbracciato e molto corto che lascia scoperte le gambine. Avanza piagnucolando, chiamando la mamma con le braccine tese in alto per farsi prendere in collo.

La tiro su e lei mi si avvinghia al collo e alla vita e mi stringe forte.

Nella stanza attigua: un dormitorio avvolto nell'oscurità, tra il dormiveglia delle sagome supine, una non si muove. È avvolta in una coperta come un sudario. Tra i fruscii delle coperte, i rumori e i suoni di chi si è appena destato, si ode qualche voce soffusa.

"Eh... se la mamma è morta..." mi pare di sentire.

Mentre stringo a me quel soffice e caldo corpicino e muovo alcuni passi verso il centro della casa, ho come l'impulso improvviso a volerla adottare.

Con questo pensiero, avanzo verso l'interno di una stanza dove, quasi a formare un semicerchio, su un divano e due poltrone frontali, siedono quattro donne tibetane molto in là con gli anni, coi loro copricapo colorati e ampie variopinte mantelle.

Mi avvicino.

Avanzo verso la più anziana che siede sulla poltrona di destra, col corpo e con lo sguardo rivolti verso di me.

Stacco la bimba dall'abbraccio e gliela porgo, mentre la piccola, con lo sguardo rivolto ancora a me, si divincola piagnucolando e implorando il nome della mamma.

È in quel momento che sento che la cosa non mi appartiene, siamo in vacanza, non c'è ne possiamo occupare.

E un senso di colpa e la necessità del distacco si sovrappongono.

Gliela affido.

La vecchia tibetana accoglie la bimba tra le sue braccia e l'avvolge nella sua morbida, calda, ampia mantella. 

©️ Marzia Pasticcini 

5 maggio 2023


martedì 11 aprile 2023

Vetri infranti

 

La mia ex capoufficio rincorre due bambine su per una scalinata di marmo, vuole tagliare loro i capelli, vuole fare loro la frangia.

Le bambine si divincolano, cadono sedute su un gradino ma poi riescono a scappare.

Salgono fin sopra il tetto ma cadono su un lucernario sfondandolo.

Precipitano di sotto assieme ai vetri infranti.

Non sono ferite e risalgono aiutate da alcuni ragazzi, studenti o vigili del fuoco accorsi in aiuto che spingono le bambine ad affrettarsi per liberarsi e mettersi in salvo, scivolando giù lungo due scivoli appoggiati su un fianco del palazzo e atterrare su un materasso gonfiabile.


 ©️ Marzia Pasticcini

11 aprile 2023

domenica 11 settembre 2022

La casa con albero

Con Daniele B in paese mi rendo conto che Camilla se n'è andata  non so dove, portandosi via la mia borsa con cellulare portafogli e chiavi.

Incontriamo Fiorentina e Paula e veniamo a sapere che Camilla è andata con Leonardo da un immobiliarista per una casa con albero.

Rispondono vagamente.

La cosa mi preoccupa è così Daniele mi accompagna a indagare. 

Arriviamo in via Cavour, bussiamo a una porta e chiedo che cerchiamo una casa con albero.

Ci accolgono con il sorriso sulle labbra, un sorriso un po' sarcastico di chi non riesce a trattenere un segreto.

È la Giusy che ci apre nel mentre scambia uno sguardo d'Intesa con altre persone all'interno della casa.

"Cercavamo una casa con albero!", dico io.

Spalancando la porta, "è questa!", risponde e ci fa entrare.

È una casa costruita attorno a un albero, l'albero vi cresce dentro.

Sono un po' perplessa per il fatto che le radici potrebbero danneggiare il palazzo. C'è anche un grande balcone con una balaustra formata da tre sbarre orizzontali alternate a un muretto, La Terrazza forma arco e una scala porta giù verso un giardino sottostante.


©️ Marzia Pasticcini 

12 settembre 2022